Papa Braschi (Pio VI) e i suoi progetti per Terracina

Papa Braschi e Terracina

Giovanni Angelo Braschi, cesenate, da Papa (Pio VI) coltivò tra l’altro l’ambizioso progetto di prosciugare le paludi pontine, restituendole all’agricoltura.

Papa Pio VI

Pio VI si concentrò prevalentemente sulla zona di Terracina, allora alla frontiera dello Stato Pontificio con il Regno di Napoli.

Terracina fiorente ai tempi dell’impero romano

La città era fiorente al tempo dell’Impero Romano (cantata anche da Orazio), raggiungendo i 20mila abitanti: dominata dal tempio di Giove Anxur, con un porto attivissimo, ospitava tra l’altro due stabilimenti termali (4mila i visitatori giornalieri) e un anfiteatro da 10mila posti (l’unico esistente tra Albano e Pompei). Poi la decadenza continua (vi fu però anche qualche momento storico di rilievo, come l’elezione nel 1088 – nella cattedrale romanica di San Cesareo e alla presenza del vescovo Pietro II – di papa Urbano II, il papa della Prima Crociata). Al momento dell’elezione di Pio VI aveva 2500 abitanti, tutti o quasi racchiusi entro le mura della città preromana-romano-medievale in collina: essi erano triplicati alla fine del Pontificato.

Papa Braschi e il Borgo Pio

Papa Braschi volle che la città si sviluppasse anche nella zona bassa (come in epoca imperiale). Perché questo si potesse concretizzare, fece costruire un nuovo tratto della via Appia (fin qui si arrampicava in collina) e rettificare/incanalare un fiumicello tutto curve che si avviava al mare. Tra la via Appia ‘nuova’ (oggi in centro via Roma) e il canale (“Linea Pio”) volle si edificasse un nuovo quartiere sostanzialmente triangolare, il “Borgo Pio”, che giungeva a Porta Napoletana e al Pisco Montano da una parte, dall’altra al porto. L’impostazione delle strade e delle piazze del Borgo Pio è dell’architetto più famoso dell’epoca, il Valadier.

Nel progetto originario erano previste due grandi piazze, oggi piazza XXV Aprile e piazza della Repubblica. Se ne aggiunse per volontà del Papa una terza tra le due, l’odierna piazza Garibaldi, dominata da una parte dalla bianca chiesa neoclassica del Santissimo Salvatore (con le sei colonne del pronao e il grande timpano), caratterizzata dall’altra  dall’ampio emiciclo.

Chiesa SS: Salvatore Terracina

Il progetto del Valadier (nella romana Piazza del Popolo si ritrovano diversi elementi ‘terracinesi’) non fu pienamente concretizzato, anche perché – posta nel 1795 dallo stesso Pio VI la prima pietra della nuova chiesa, dedicata originariamente a san Pio V – l’architetto l’anno successivo fu richiamato a Roma come architetto camerale e nel contempo precipitava anche la situazione politica per l’invasione francese. Tale progetto, modificato ma non nella concezione neoclassica, fu ripreso nel 1830 dall’architetto bolognese Antonio Sarti: la chiesa denominata del Santissimo Salvatore fu ultimata nel 1845 (essendo già aperta al culto due anni prima).

Palazzo Braschi

Nella sua iniziativa urbanistica Pio VI non si dimenticò però della ‘città alta’. Ne è testimonianza visibilissima anche oggi il Palazzi Braschi, ‘biglietto da visita’ per chi entra a Terracina (insieme con il campanile della cattedrale, al castello detto dei Frangipane, al tempio di Giove Anxur sul monte sant’Angelo e al Pisco Montano). Il Palazzo era stato completamente ristrutturato perché il Papa potesse avere una residenza degna durante i suoi soggiorni a Terracina: nel 1794 vi abita per la prima volta, mentre è del 1795 il famoso quadro di Hackert (conservato a Salisburgo), in cui – il 14 maggio, giorno dell’Ascensione – Pio VI benedice dalla loggia del Palazzo truppe e popolo ammassati sulla via Appia rettificata e sulla rampa di collegamento con la città alta.

Sempre in collina furono costruiti o completamente ristrutturati su impulso di Pio VI anche il Palazzo della Bonifica e quello vescovile.

Estratto da “TERRACINA: PAPA BRASCHI E LO SVILUPPO DI BORGO PIO – di GIUSEPPE RUSCONI –www.rossoporpora.org – 12 agosto 2015”